Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator

- Biblioweb

Vai ai contenuti

Menu principale:

Livello 3
 



BELGIO | BRASILE | BULGARIA | CECOSLOVACCHIA | EL SALVADOR | GERMANIA OVEST | INGHILTERRA | ISRAELE | ITALIA | MAROCCO | MESSICO | PERU' | ROMANIA | SVEZIA | U.R.S.S. | URUGUAY

Il mondiale ritornò dopo quattro anni nelle americhe, questa volta ad organizzare la manifestazione fu il Messico una nazione del Centro America.  Il Messico degli anni ’70 era un paese in pieno sviluppo socio-economico, anche se, dal 1946 era governato da un regime dittatoriale di sinistra, dal Partito Rivoluzionario Istituzionale, nondimeno, le contraddizioni e le differenze tra le classi sociali erano molto evidenti. L’assegnazione del torneo iridato ebbe luogo già nel 1964 alla conferenza generale della FIFA di Tokyo durante lo svolgimento dei giochi Olimpici. Ad ostacolare il progetto messicano vi era l’Argentina la quale non venne scelta per la preoccupante instabilità politica ed economica del paese, tuttavia, nella stessa occasione si stabilirono le sedi dei due prossimi mondiali. Rispettando l’alternanza euro-americana, si assegnarono alla Germania Ovest quelli del 1974 e finalmente all’Argentina quelli del 1978. Juanito fu la brutta mascotte del torneo messicano che, molto aveva da invidiare a Willy, l’allegro leoncino britannico di quattro anni prima. Juanito era un rubicondo bimbetto con il pallone sotto i piedi ed un cappello che avrebbe dovuto richiamare un sombrero, ma che in realtà assomigliava ad un biscotto mal riuscito . La manifestazione si svolse dal 31 maggio al 21 giugno del 1970, con la classica formula a sedici squadre suddivise in quattro gironi da quattro. Alle qualificazioni parteciparono ben settantatre squadre in rappresentanza di tutti i continenti. A questa edizione finalmente i paesi africani decisero di prenderne parte a fronte di un solo posto messo a disposizione dalla FIFA. Sottoposti ad una lunghissima trafila di incontri, sarà il Marocco a staccare il biglietto per Città del Messico. La zona centro-americana sarà rappresentata da El Salvador e Messico, paese organizzatore. l’Asia e Oceania vennero rappresentati da Israele che regolò l’Australia vincitrice del gruppo asiatico. La rappresentanza europea era sempre ben nutrita: Italia, Romania, Cecoslovacchia, URSS, Svezia, Belgio, Germania, Bulgaria e l’Inghilterra. Fra le sudamericane fece ritorno il Perù che mancava dall’edizione del 1930, eliminando sorprendentemente l’Argentina. Brasile e Uruguay completarono la delegazione del continente latino . Furono cinque gli stadi individuati per lo svolgimento della kermesse, ognuno in una città diversa: Guadalajara, Leon, Puebla, Toluca e Città del Messico nell’immenso stadio Azteca. Fu il torneo che proiettò i mondiali verso un calcio moderno, furono utilizzati per la prima volta i cartellini gialli e rossi, un pallone “telstar” ad esagoni bianchi e neri per una maggiore visibilità televisiva che, andava a sostituire la vecchia sfera di cuoio marrone, fu il primo mondiale trasmesso interamente in mondovisione, furono ammesse le sostituzioni di almeno un giocatore per  squadra, fu la prima volta di una compagine africana, escluso l’Egitto del 1934, la prima volta di El Salvador e Israele partecipazioni che non lasciarono poche polemiche. Sarà anche la prima volta in cui l’Argentina verrà eliminata alle qualificazioni ma sarà anche l’ultima volta della “Coppa del Mondo Jules Rimet” il trofeo verrà assegnato definitivamente al Brasile, e dalla successiva edizione diverrà “Coppa del Mondo FIFA”.

BELGIO 1970    

Ci eravamo quasi dimenticati del Belgio che mancava dalla manifestazione iridata dal 1954 in Svizzera. Sembrano passati secoli dalle precedenti partecipazioni dove tuttavia, la squadra dei "Diavoli rossi" non aveva mai ben figurato, venendo sempre eliminata al primo turno. Anche in questa occasione le cose non mutarono, estromessa già dal girone iniziale, il Belgio poté recriminare contro la dea bendata che, lo inserì in un girone proibitivo, con l’Unione Sovietica e i padroni di casa. Nella prima gara del girone i belgi non incontrarono particolari fatiche per battere El Salvador che, si arrese mestamente alla doppietta di Van Moer e al rigore di Lambert. Per i fiamminghi, tuttavia, il mondiale terminò qui, nonostante il buon gioco le avversarie erano davvero insormontabili. Contro l’Unione Sovietica il 6 giugno del ’70, i belgi subirono una pesante sconfitta per 4 a 1 a fare la differenza ilnfu gigante Anatoly Byshovets autore di due splendide reti, il goal della bandiera fu realizzato dall’attaccante del Club Bruges Raoul Lambert. Impossibile pensare di vincere contro il Messico, una squadra spinta da un intera nazione che aveva come obiettivo almeno il passaggio del primo turno. Allo stadio Azteca il pubblico messicano mostrò, fin dalle prime battute di gara, un comportamento ostile e intimidatorio il quale condizionò il regolare svolgimento della gara, i belgi furono sconfitti solo per mezzo di un calcio di rigore inesistente, concesso per un presunto fallo del malcapitato Jeck sullo scaltro Valvidia. L’Argentino Coerezza indicò subito il dischetto, pareva avesse già provato la parte in camerino. Il Belgio dovette lasciare subito il mondiale ma, a differenza delle altre partecipazioni era consapevole che, solo gli eventi gli furono contrari e sicuramente avrebbe meritato molto di più. Anche durante le qualificazioni i fiamminghi si comportarono molto bene eliminando due delle più forti compagini europee: Jugoslavia e Spagna. Contro la Finlandia, pura formalità, il Belgio vinse sia ad Helsinki per 2 a 1 sia a Waregem per 6 a 1. Contro la Jugoslavia i "Diavoli rossi" misero in scena una delle loro migliori prestazioni degli ultimi anni, vinsero con un rotondo 3 a 0 una partita che, era più corretto considerare una battuta di caccia anziché un evento sportivo. Diretta da un arbitro non all'altezza, il ceco Josef Krnavek, questi consentì agli slavi, dopo essere passati in svantaggio, di utilizzare i metodi più vili e brutali visti in una partita di calcio. Il pareggio, 1 a 1, di Madrid contro la Spagna diede ai fiamminghi la convinzione di poter proseguire a testa alta verso Città del Messico. A conferma di ciò il Belgio si impose per 2 a 1 sugli iberici anche allo stadio Slessin di Liegi. Quando i belgi scesero in campo a Skopije la qualificazione era già una pratica chiusa, i ragazzi di Goethals preferirono salvaguardare le loro caviglie a discapito del risultato, venendo sconfitti con un mellifluo  4 a 0.

BRASILE 1970    
Probabilmente la Seleçao del 1970 è stata la squadra più bella di tutti i tempi, guidata da un fenomenale Pelè è da uno stratosferico Tostão, meravigliò il mondo con l’immensa classe dei suoi interpreti. Alle qualificazioni sudamericane, l’unico neo fu l’allenatore, un certo João Saldanha, un autentico pazzo, ex giornalista di guerra, uomo di ferro con l’esperienza del carcere dopo le qualificazioni annunciò che, non avrebbe portato Pelè in Messico. Immediatamente il presidente della federazione brasiliana João Havelange lo sostituì con il più parco  e competente Mario Zagalo. Nella prima gara di qualificazione il Brasile affrontò, a Bogotà, la Colombia, nonostante l’aria povera d’ossigeno, portò a casa la vittoria per 2 a 0, nella partita di ritorno ad altitudini più conformi per il gioco del calcio, il Brasile si impose con un tennistico 6 a 2. Nessuna difficoltà a Caracas contro i viñotintos venezuelani dove bastarono i soli Tostão e Pelè rispettivamente con una tripletta e un doppietta, al Maracanà fu 6 a 0, ancora tre volte Tostão, due volte Pelè e una rete di Jairzinho furono sufficienti per sbrigare la pratica caraibica. Ad Asunción contro il Paraguay, forse la squadra più ostica del girone sudamericano, i carioca vinsero per 3 a 0 una gara molto impegnativa, riuscirono a spezzare gli equilibri solo al 70° grazie ad un autorete di Mendoza, la partita di ritorno a Rio de Janeio fu una specie di finale entrambe le squadre potevano staccare il pass per il mondiale, ad avere ragione  della contesa fu naturalmente il Brasile che, al 68° minuto con O Rey Pelè segnò la rete della vittoria. Giunti in Messico con un largo anticipo per acclimatarsi all’altitudine e all’aria rarefatta il Brasile giocò molte amichevoli con squadre di club locali e nazionali: Argentina, Cile, Austria e Bulgaria. La prima gara del mondiale ripropose la finale del 1962 Brasile Cecoslovacchia, se in attacco i brasiliani disponevano dei migliori calciatori del mondo in difesa era tutt’altro. Infatti, bastarono pochi minuti allo slovacco Ladislav Petras per perforare la retroguardia brasiliana e depositare il pallone in rete alle spalle dell’imputabile portiere Felix. Bastò uno sguardo tra compagni per riordinare le idee, doppio Jairzinho, Rivelino e Pelè diedero sostanza al risultato finale 4 a 1 in favore dei verdeoro. Nella partita di Guadalajara contro l’Inghilterra, il Brasile dovette pensare più, ad essere concreto anziché bello, fu sufficiente una rete di Jairzinho, 1 a 0, per decidere le sorti della gara che, divenne famosa per il celeberrimo gesto atletico di Gordon Banks, la parata venne considerata la più bella della storia del calcio nella quale l’estremo difensore inglese con un formidabile colpo di reni negò un goal già fatto al grande Pelè. Il 6 giugno, contro la Romania, il Brasile era già qualificato per i quarti di finale, vennero schierate le seconde linee, tuttavia, bastò un solo tempo ai sudamericani per dettare legge ai severi romeni i quali, riuscirono per ben due volte a perforare la difesa carioca. La partita che terminò 3 a 2 venne perlopiù ricordata per il fallo di reazione di Pelè contro il suo marcatore Mihai Mocanu del Petrolul Ploiesti che, in più occasioni cercò di fermare il funambolo brasiliano con interventi al limite e oltre, al regolamento. Quello dell’undici giugno fu uno scontro tutto sudamericano tra Brasile e Perù, valevole per i quarti di finale, era stata la partita delle difese allegre, si concluse 4 a 2 in favore dei brasiliani che andarono in rete con i soliti Tostão, Jairzinho e Rivelino. In semifinale contro l’Uruguay, il Brasile si riprese quello che gli fu "giustamente" tolto nel 1950, in un atmosfera da girone infernale lo stadio Jalisco di Guadalajara ospitò il classico incontro tra cariocas e orientales che, in Sudamerica è sempre stato espressione di supremazia calcistica e non solo. La Celeste passò in vantaggio nei primi minuti con Cubilla e per quasi tutto il primo tempo fece tremare i polsi a verdeoro, solo nella ripresa i brasiliani riuscirono ad invertire il risultato siglando le reti per il conclusivo 3 a 1. Sappiamo tutti come andò a finire la finale del 21 giugno allo stadio Azteca contro l’Italia, i brasiliani super favoriti affrontarono un Italia stremata per le fatiche della semifinale contro la Germania Ovest, bastò veramente poco ai carioca per superare gli spenti azzurri, un accelerata di Pelè e i successivi Gerson, Jairzinho e Carlos Alberto furono sufficienti per alzare la coppa al cielo. L’Italia nel primo tempo riuscì tuttavia, a pareggiare con Boninsegna, ma la finalissima termino 4 a 1. Il Brasile si laureò campione del mondo per la terza volta e si porto a casa definitivamente la Coppa Rimet…. Che purtroppo fece una brutta fine, giunta in Sudamerica, fu nuovamente rubata e probabilmente fusa, non ci fu un altro Pickles a ritrovare il prezioso trofeo.

BULGARIA 1970       
La Bulgaria oramai era diventata un classico dei mondiali contemporanei, alla terza partecipazione consecutiva rimase uno dei paesi più estranei alle vicende sessantottine che stavano cambiando il mondo. Dall’austera clausura del Mar Nero, Stefan Bojkov diede vita ad una squadra coriacea, votata all’essenziale che aveva il suo punto di forza in Dimitar Penev e Georgy Asparuhov. Il maggior scoglio da superare per ottenere il biglietto per il Centro America era l’Olanda di George Kessler, embrione di quella che sarà la squadra più bella del mondo. A Sofia contro gli Orange, la Bulgaria ebbe comodamente ragione di una squadra ancora poco incisiva aggiudicandosi il match per 2 a 0. Contro il Lussemburgo invece, i balcanici fecero una fatica tremenda, per superare la squadra del granducato fu necessario un calcio di rigore per rompere l’equilibrio, la partita poi terminò 2 a 1 in favore dei bianco verdi. Il 15 giugno del ’69 contro la Polonia, la Bulgaria giocò la migliore partita del gruppo, sbarazzandosi con un secco 4 a 1 dei Bialo-czerwoni di Deyna e Lubansky. Il pareggio di Rotterdam per 1 a 1 valse oro per la Bulgaria che, si confermò capolista del girone. La sconfitta degli Orange in Polonia diede ai bulgari ancora maggiori certezze di essere i protagonisti in Messico. Indolore fu la sconfitta di Varsavia, visto che rimaneva ancora da giocare una gara contro il Lussemburgo, partita però, che si rivelò più impegnativa del previsto ma, grazie all’esperienza e all’essenzialità del gioco bulgaro, i balcanici ebbero la meglio, il 3 a 1 finale consentì alla squadra di Asparuhov di ottenere il sospirato visto per Città del Messico. Ai mondiali nella partita d’esordio contro il Perù, la Bulgaria rimediò una brutta sconfitta per 3 a 2, dopo aver condotto per tutto il primo tempo con il doppio vantaggio. Nella seconda parte della gara i peruviani, ancora scossi dal tremendo terremoto che colpì il loro paese, salirono in cattedra e nel giro di venti minuti voltarono la squadra bulgara come un calzino. Contro la Germania Ovest l’illusione bulgara durò solo pochi minuti, passata in vantaggio con l’attaccante Nikodimov venne sommersa da cinque reti, a nulla valse la seconda rete di Todor Kolev. La terza partita contro il Marocco valse solo per le statistiche, entrambe eliminate, le due squadre eseguirono a dovere il loro compitino, infarcite di seconde linee portarono a casa un dignitoso 1 a 1 che non servì a nulla se non ad onorare la partecipazione al terzo mondiale consecutivo.

CECOSLOVACCHIA 1970       
Dove sono finiti gli eredi della grande Cecoslovacchia di Masopust e Planicka di quella squadra arrivata due volte alla finale di un mondiale? Sicuramente se ne sono perse le tracce tra le pieghe della storia. Quella che partecipò al mondiale del 1970 fu probabilmente la più brutta squadra boema di tutti i tempi. Giunta in Messico dopo aver vinto un girone eliminatorio abbastanza difficoltoso, in Centro America non rispettò le attese di ciò che aveva fatto vedere durante le qualificazioni, dove riuscì ad eliminare la forte Ungheria. La Cecoslovacchia si impose agevolmente per 3 a 0 contro la Danimarca a Copenaghen, nella partita di ritorno bastò una rete di Jokl per far aggiudicare il match ai sudeti. Nell’incontro di boxe di Dublino contro l’Eire, la Cecoslovacchia faticò più del previsto per vincere la partita, diretta da un incompetente arbitro portoghese Ribeiro Saldana il quale permise di tutto senza mai imporsi con personalità e fermezza. L’Irlanda passò in vantaggio e fu solo nel secondo tempo che i cechi riuscirono a riprendere in mano le redini della partita e portarsi a casa il 2 a 1 finale. La partita più complicata fu sicuramente quella di Budapest contro l’Ungheria dove la Cecoslovacchia venne sconfitta 2 a 0 per mezzo di un grande Florian Albert. A domicilio i moravi ebbero vita facile contro la Repubblica d’Irlanda vincendo con un secco 3 a 0 frutto di una tripletta dell’attaccante Josef Adamec in forza allo Spartak Trnava. Nella gara di ritorno contro l’Ungheria i boemi riuscirono a limitare i danni e cogliere un preziosissimo pareggio per 3 a 3, dopo essere andati sotto di due reti, i cecoslovacchi riuscirono a riacciuffare il risultato, sufficiente per giocarsi lo spareggio contro i magiari il 3 dicembre 1969 al Velodrome di Marsiglia. L’Ungheria giunse in Francia sommersa dalle polemiche del presidente Karoly Soos contro l’incolpevole Florian Albert. Un’antipatia atavica affliggeva il meschino presidente della federcalcio ungherese contro il forte attaccante del Ferencvaros faccenda che si ripiegò sulle prestazioni della squadra. La Cecoslovacchia a pochi minuti dal termine del primo tempo vide aprirsi le porte del gate per Città del Messico, un rigore di Kvasnak ruppe gli equilibri della gara che, terminò 4 a 1 contro una squadra sommersa di polemiche nemmeno ombra della mitica Aranycsapat. In Messico la Cecoslovacchia fu inserita in un girone a dir poco proibitivo con: Inghilterra, Brasile e Romania a far da cenerentola. Sconfitta 4 a 1 dal Brasile si replicò contro l’Inghilterra per 1 a 0, non restava che vincere contro la cenerentola romena per non conseguire ulteriori brutte figure, La Cecoslovacchia scese in campo solo nei primi minuti sufficienti per passare in vantaggio con Petras, poi lasciò il pallino del gioco alla Romania che non si fece pregare e nell’arco della gara riuscì a pareggiare e vincere lasciando i boemi a bocca asciutta e amareggiati per il loro pessimo mondiale.

EL SALVADOR 1970       
La storia dell’El Salvador ai mondiali è una delle pagine più tristi del calcio mondiale. Giunto a sorpresa alla manifestazi
one iridata, fu durante le qualificazioni centroamericane che accadde quello che lo scrittore polacco Ryszard Kapuścinki ribattezzo “La guerra del Football”. Inserita nel sottogruppo "B" centroamericano non ebbe nessuna fatica a sbarazzarsi di Suriname al tempo Guyana Olandese e Antille Olandesi. Contro Suriname, nella gara di andata a San Salvador vinse con un largo 6 a 1, mentre in trasferta a Paramaribo fu sconfitto per 4 a 1 quando il passaggio del turno era già conseguito grazie anche alle due affermazioni per 1 a 0 e 2 a 1 contro le Antille Olandesi. Nella seconda fase dovette affrontare l’Honduras in una doppia sfida all’ultimo sangue. Tra i due paesi confinanti le tensioni erano già altissime per alcune decisioni del governo honduregno di confiscare le terre date in dotazione agli immigrati salvadoregni e cacciarli dal paese. I match si svolsero l’8 e il 15 giugno 1969: l’andata a Tegucigalpa e il ritorno a San Salvador. A Tegucigalpa vinse l’Honduras per 1 a 0 con un gol all’89esimo minuto di Leonard Wells centrocampista del Motagua. Contemporaneamente, in Salvador, dove la gara veniva trasmessa in diretta tv, una ragazza di 18 anni, Amelia Bolaños, figlia di un generale dell’esercito, rimasta provata per la sconfitta patita dai propri beniamini, si sparò un colpo di pistola al cuore . Alla giovane, elevata al rango di martire ed eroina nazionale, furono tributati funerali di Stato. L’opinione pubblica salvadoregna giurò vendetta per la gara di ritorno del 15 giugno dove si realizzò un clima infuocato, addirittura l’accompagnatore della squadra honduregna fu linciato e gettato nel mezzo di una strada i giocatori per evitare la stessa sorte furono costretti a salire sul tetto dell’hotel che li ospitava. La partita si concluse con un secco 3 a 0 per l’El Salvador in un clima, non idoneo ad una partita di calcio. Al tempo la differenza reti non contava e ad infierire sull’inusuale contesto fu necessario uno spareggio giocato il 27 giugno allo stadio Azteca di Città del Messico. La partita fu accesissima e le due squadre nonostante tutto, diedero un buon spettacolo calcistico, la partita terminò 2 a 2 ai tempi regolamentari e per decidere chi avrebbe passato il turno furono necessari i tempi supplementari, fu la rete di Josè Antonio Quintanilla a far precipitare la situazione. Alla qualificazione di El Salvador, l’Honduras rispose con l’interruzione di tutte le relazioni diplomatiche El Salvador rispose alle provocazioni e attaccò militarmente l’Honduras adducendo come motivazione la salvaguardia dei propri cittadini e dei propri confini. Ne uscì una aspra battaglia che durò quattro giorni, gli spagnoli la chiamarono "la guerra de la cien horas" che costo circa sei mila morti e si concluse con l’intervento degli Stati Uniti e lo status quo ante bellum. Per giungere al mondiale non fu sufficiente questo massacro, El Salvador dovette affrontare in gara di andata e ritorno Haiti che, nel turno precedente aveva eliminato gli USA. I salvadoregni vinsero entrambe le partite 2 a 1 a Port au Prince e 1 a 0 a San Salvador. Una volta ottenuta la qualificazione messicana per El Salvador scoppiò un'altra guerra, quella dello spogliatoio, la squadra si rivoltò alla propria federazione per ottenere i premi qualificazione promessi ma mai ricevuti. L’allenatore argentino  Gregorio Bundio, dopo aver qualificato la nazionale se ne andò schifato dalla situazione, dove pareva che tutti quei morti non avessero toccato il cuore dei giocatori solo avidi di denaro. Al suo posto venne assunto il cileno Hernan Carrasco pronto a traghettare la squadra in una malinconica figuraccia mondiale. La partecipazione salvadoregna al torneo iridato fu solo una mera formalità, perse tutte le partite senza segnare alcuna rete. La prima sconfitta avvenne per opera del Belgio che, rifilò ai centroamericani un secco 3 a 0, la seconda giunse per mano del Messico, ma fu carica di polemiche e controversie per la presunta irregolarità di un calcio di punizione battuto con palla in movimento, il fatto diede vita ad una ridicola pantomima dell’arbitro egiziano Ali Kandil con i giocatori salvadoregni, trovandosi in difficoltà e non sapendo cosa fare decretò la fine del primo tempo con qualche minuto di anticipo. Al termine della contesa il portiere salvadoregno Magana dovette raccogliere per quattro volte la palla dal sacco. Contro l’URSS, El Salvador perse per 2 reti a 0 senza sfigurare, raccogliendo gli applausi e la simpatia del pubblico. Senza segnare una sola rete e senza fare alcun punto i giocatori salvadoregni fecero ritorno in patria tra l’indifferenza dei suoi cittadini, rei di non aver onorato una nazione che tanto pagò per partecipare ad un mondiale di calcio.

GERMANIA OVEST 1970       
Nel mondiale messicano la Germania Ovest vinse il premio come miglior attore non protagonista, a conferma di ciò la targa esposta allo stadio Azteca di Città del Messico dove Italia y Alemania disputarono la “Partida del Siglo” notoriamente per la Germania le cose non andarono per il meglio. Giunse al mondiale messicano come una delle squadre favorite per la vittoria finale. Si qualificò alla kermesse iridata vincendo il gruppo 7 continentale. Nella prima gara al Prater di Vienna affrontò una docile Austria che venne superata con un facile 2 a 0, molto più faticosa fu la partita di Nicosia contro Cipro dove i tedeschi ebbero la meglio solo al 90° grazie ad una fortunosa rete di Gerd Müller, la vera sfida fu quella dell’Hampden Park di Glasgow dove di fronte a quasi centomila spettatori Scozia e Germania Ovest pareggiarono per 1 a 1. Il più grosso era fatto, tutte le precedenti gare si erano giocate in trasferta, ora toccava dimostrare al pubblico di casa che la Mannschaft era praticamente già qualificata, l’unico scoglio reale era quella Scozia che venne regolata il 22 ottobre del 1969 al Volkspark di Amburgo per 3 a 2, le altre due gare furono pura formalità 1 a 0 contro l’Austria e una sagra del gol contro Cipro sommerso da un impetuoso 12 a 0. In Messico la Germania Ovest fu inserita nel gruppo D, forse il più facile della manifestazione, con Perù, Marocco e Bulgaria. Il 3 giugno del 1970 a Leon i tedeschi tennero a battezzo il Marocco, la prima squadra africana qualificata in un girone di qualificazione del continente nero, la Germania vinse per 2 a 1, ma faticò più del previsto per portare a casa i due punti. Passata in svantaggio nel primo tempo riuscì a riacciuffare il pareggio e la vittoria solo nella seconda parte della gara, grazie alle reti di Seeler e Müller dopo aver subito per quasi tutta la gara l’agonismo e la rapidità della squadra magrebina. Il secondo match contro la Bulgaria fu poco più di una formalità, l’illusione bulgara duro' soli pochi minuti poi i panzer tedeschi asfaltarono letteralmente gli avversari con cinque reti di cui tre del solito Gerd Müller. Nel faccia a faccia di Leon si trovarono di fronte due squadre già qualificate, il Perù avversario di turno non fece molta resistenza e uno stratosferico Müller mise a segno la consueta tripletta, la partita terminò 3 a 1 e per i sudamericani segnò il geniale Teofilo Cubillas. Ai quarti di finale fu l’Inghilterra a farne le spese, la Germania Ovest vinse per 3 reti a 2 dopo i tempi supplementari. Quella di Leon non fu una semplice partita di calcio, ma una rivincita, anzi una vendetta di quel maledetto fantasma che quattro anni prima stregò il portiere tedesco Tilkoswky. Gli inglesi, scaramantici, si presentarono in campo vestiti ancora di rosso, ma questa volta le vermiglie casacche non portarono fortuna, La Germania Ovest giocò una partita perfetta di contenimento e rapidi contropiedi, guidati da un eccelso mediano di nome Franz Beckenbauer che, sarà uno degli autentici protagonisti di questo mondiale e di quelli a venire. Per la semifinale la corazzata tedesca si spostò a Città del Messico, allo stadio Azteca dove accadde ciò che ho anticipato, la “Partida del Siglo” avversaria della contesa l’Italia campione d’Europa. Forse non occorre dilungarsi troppo per descrivere quella gara di cui sono già stati scritti fiumi di parole che hanno ispirato romanzi e pellicole d’autore, riportiamo solo la sequenza dei fatti; dopo otto minuti l’Italia passò in vantaggio con l’interista Roberto Boninsegna, la partita si srotola tra continui assedi tedeschi che si infrangono sulla fortissima difesa azzurra guidata da Giacinto Facchetti, solo all’ultimo minuto di gioco il milanista Karl-Heinz Schnellinger mise la palla alle spalle di Albertosi, Inter – Milan 1 a 1 al termine dei tempi regolamentari. Nei supplementari succede di tutto, le due squadre si affrontano a viso aperto, mai il gioco del calcio fu cosi incantevole da paragonarla ad una Venere del Botticelli. Al 94° Gerd Müller porto' avanti i bianchi subito raggiunti quattro minuti più tardi dall’azzurro Tarcisio Burgnich, al 104° nuovo sorpasso italiano con Gigi Riva, aggancio tedesco al 110° con Müller e un minuto più tardi fu il Golden Boy, Gianni Rivera a mettere la firma in calce a quella che fu definita la più bella partita di calcio di tutti i tempi, Germania 3 Italia 4!

INGHILTERRA 1970     
Per il secondo quadriennio consecutivo l’Inghilterra non giocò partite di qualificazione perché venne ammessa ai mondiali come paese detentore del titolo. In questo lasso di tempo gli inglesi giocarono solo l’Home British Championship e le partite valide per il campionato europeo del 1968 dove si piazzarono terzi davanti all’Unione Sovietica. Prima del mondiale messicano l’Inghilterra giocò due partite amichevoli per adattarsi al clima sudamericano ed in particolare all’altura, vinsero entrambi gli incontri, 4 a 0 contro la Colombia e 2 a 0 contro l’Ecuador. Al torneo iridato passarono il turno con il minimo sforzo, vincendo la prima partita per 1 a 0 contro la Romania grazie ad una rete di Hurst e la terza, sempre per 1 a 0 contro la Cecoslovacchia, grazie ad un generoso penalty realizzato da Clarke. L’unica partita di una certa rilevanza fu quella di Guadalajara contro il Brasile il quale vinse con il medesimo 1 a 0, come a decretare il cambio del testimone tra campioni del mondo, l’Inghilterra passò ai quarti di finale come seconda del gruppo 3. Il 14 giugno al Guanajuato di Leon affrontò una Germania Ovest determinata a riprendersi ciò che le era stato tolto quattro anni prima. La partita termino 3 a 2 in favore dei tedeschi dopo i tempi supplementari, gli inglesi tuttavia, si comportarono molto bene sul campo ma in quest’occasione non ci furono i fantasmi di Wembley ad aiutare i leoni d’Albione anzi sulla sconfitta britannica ci fu il sospetto della maledizione di Montezuma che, mise fuori rosa il portiere Gordon Banks, sostituito dal ticinese Peter Bonetti, il portiere portalettere, poiché al termine della carriera sportiva divenne il postino dell’isola di Mull nell’estremo nord-ovest della Scozia, il quale non fu in giornata di grazia. L’Inghilterra dominò la gara per tutto il primo tempo, andando in doppio vantaggio con Alan Mullery e Martin Peters, per poi farsi rimontare e superare dai tedeschi guidati da un immenso Franz Beckenbauer. Gli inglesi riposero il trofeo sul tavolo e rincasarono con l’amaro in bocca per quella coppa che non vinceranno mai più.

ISRAELE 1970       
La partecipazione di Israele al mondiale messicano non fu solo una mera comparsata, la nazionale ebraica riuscì ad imporre il pareggio sia alla Svezia sia all’Italia e solo per poco non giunse ai quarti di finale. Molto interessanti furono gli incontri di qualificazione per la zona Asioceanica. Al tempo la FIFA ebbe notevoli difficoltà ad inserire la nazionale israeliana nei gironi di qualificazione, poiché in Europa, Africa e Medio Oriente nessuno voleva giocare contro la squadra di David. Venne così inserita in un girone molto particolare, con Corea del Nord e Nuova Zelanda. Gli asiatici nordcoreani che, tanto ben figurarono al torneo precedente, si rifiutarono di incontrare Israele e preferirono rinunciare al mondiale, ad Israele non rimase che competere solo con la Nuova Zelanda. Il 28 settembre del 1969 allo stadio Ramat Gan di Tel Aviv Israele si impose con un convincente 4 a 0, tre giorni più tardi la partita di ritorno si giocò sempre in Medio Oriente nello stesso stadio di Tel Aviv, anche in questa occasione Israele non ebbe particolari difficoltà a piegare per 2 a 0 gli All Whites neozelandesi. Per accedere alla kermesse messicana era tuttavia necessario avere ragione della forte Australia, la quale nel giro di pochi giorni fu costretta a sostenere un tour de force chilometrico incredibile, dopo aver vinto il girone continentale contro Corea del Sud e Giappone dovette affrontare in doppia/tripla gara uno spareggio afro-oceanico in Mozambico, contro l’inusuale Rhodesia, eppoi recarsi in Medio Oriente per gli appuntamenti finali contro Israele. Nella gara di andata Israele si impose per 1 a 0 con una rete dell’attaccante del Maccabi Tel Aviv Giora Spiegel, nella partita di ritorno al Cricket Ground di Sidney, Israele riuscì a pareggiare per 1 a 1 andando in rete ancora con Spiegel per poi alzare un invalicabile muro difensivo che li avrebbe sorprendentemente portati fino in Messico. Come detto in precedenza la squadra israeliana ai mondiali, riuscì ad imporre il pareggio per 1 a 1 alla Svezia grazie ad una rete del solito Spiegel e uno scialbo 0 a 0 contro l’Italia che, ridestò negli europei il terrore dei ridolini coreani di quattro anni prima. Nella partita contro l’Uruguay, di fronte a tanta esperienza e classe, Israele dovette alzare bandiera bianca, venendo sconfitta con un onorevole 2 a 0. Terminò qui, con una sola sconfitta la prima esperienza mondiale degli israeliani che rincasarono assai soddisfatti delle loro prestazioni, le quali rimarranno le uniche poiché la nazionale mediterranea, per ora, non è più riuscitaa qualificarsi ad un mondiale di calcio.

ITALIA 1970       
Scottato dalla figuraccia del 1966 il movimento calcistico italiano cercò di rinnovarsi profondamente, già dal 1967 iniziò una vera rivoluzione a livello di nazionale, via Mondino Fabbri e tutta la corte di Giuseppe Pasquale piena di pedanti e infruttuosi dirigenti, al loro posto arrivarono Ferruccio Valcareggi in panchina e Artemio Franchi alla scrivania, l’Italia si ridestò subito e nel 1968 vinse il suo primo campionato europeo per nazioni. Per i mondiali l’Italia venne inserita nel gruppo 3 di qualificazione europea con Germania Est e Galles. La prima uscita degli azzurri ebbe luogo il 23 ottobre del 1968 a Cardiff contro il Galles, dove vinse 1 a 0 con un goal di Gigi Riva al 44° del primo tempo. Nella seconda gara a Berlino contro i tedeschi orientali fu ancora Riva a tenere a galla le speranze azzurre siglando l’importante doppietta del 2 a 2 finale. Nella partita di ritorno con il Galles, “Rombo di tuono” firmò addirittura tre reti nel 4 a 1 finale, con la Germania Est si chiuse la pratica qualificazione con un convincente 3 a 0 in quella gara che, diverrà famosa per lo splendido goal di testa in tuffo del dell’attaccante cagliaritano. Ai mondiali l’Italia nella partita d’esordio incrociò la talentuosa Svezia di Leif Nordqvist, della quale ebbe ragione per 1 a 0 grazie ad una rete di Angelo Domenghini. La vittoria contro la squadra scandinava fece ben sperare contro l’Uruguay, ma il giocò ristagnò per tutta la gara e ne uscì uno scialbo 0 a 0. Nel frattempo Israele e Svezia si eliminarono a vicenda non andando oltre il pareggio, dunque la partita dell’Italia contro gli israeliani non fu altro che un mero allenamento, tuttavia, la nazionale mediorientale si comportò molto bene e diede parecchio filo da torcere agli italiani che, ben si guardarono dal rimediare un'altra brutta figuraccia coreana. La gara termino 0 a 0 ma il risultato non racconta l’intensità della contesa e di quanto gli azzurri dovettero faticare per portare a casa il prezioso risultato. Ai quarti di finale, allo stadio la Bombonera di Toluca, l’Italia dovette affrontare i padroni di casa del Messico, i quali spinti da oltre 27.000 sostenitori, sembrava sovrastare la squadra azzurra. Dopo soli tredici minuti la squadra di casa passò in vantaggio con una rete di Josè Luis Gonzalez, fortunatamente pochi minuti più tardi, la dea bendata si vestì di azzurro e il messicano Peña deviò in rete un maldestro tiro di Domenghini destinato sul fondo. Nel secondo tempo Valcareggi azzeccò la mossa vincente, fuori il baffuto Mazzola per l’acconciato Rivera, da  qui incominciò la storica staffetta tra i due giocatori milanesi. Rivera ispirato sostenne Riva con deliziosi passaggi al centro area che, il cagliaritano non dovette far altro di accompagnare in porta, al 70° è lo stesso Gianni Rivera a segnare la rete del 3 a 1 e cinque minuti più tardi sarà ancora il bomber di Leggiuno a siglare il 4 a 1 finale. L’Italia uscì tra gli applausi del pubblico messicano il quale accettò sportivamente la sconfitta vista la superiorità degli azzurri. In semifinale il 17 giugno del 1970 allo stadio Azteca di Città del Messico accade quello che tutti gli appassionati di calcio conoscono come la “Partida del siglo”, la partita più entusiasmante del mondiale quella tra Italia e Germania Ovest. Di per sé la partita non offrì molti spunti interessanti nei tempi regolamentari, se non le reti di Boninsegna al 10° del primo tempo e il pareggio di Schnellinger al 90°, accadde tutto nei tempi supplementari, oltre a mettere in mostra un gioco incantevole le due squadre si concessero un susseguirsi di reti tra fughe e sorpassi. Dopo  quattro minuti dal fischio d’avvio fu Gerd Müller a portare in vantaggio la Germania Ovest, altri quattro minuti è l’interista Burgnich ricondusse il punteggio in parità, ad un minuto dalla fine del primo tempo supplementare Riva riportò in vantaggio gli azzurri che, dopo cinque minuti vennero riacciuffati dal solito Müller su un erroraccio difensivo di Gianni Rivera, il quale letteralmente mise il pallone sui piedi dell'attaccante tedesco, il milanista freddato dagli sguardi dei compagni prese palla e si recò a centrocampo, deciso di far tutto da solo per rimediare all’errore di poco prima, Rivera in assolo andò ad insaccare il pallone alle spalle di Seep Maier per il finale e decisivo 4 a 3. In pratica, il mondiale per l’Italia terminò con questa partita, arrivati stanchi e appagati alla finalissima con il Brasile venne sconfitta per 4 a 1. Il Brasile si portò a casa definitivamente la Coppa Rimet e l’Italia ritornò in patria tra l’entusiasmo della folla, convinta di aver ritrovato un posto d’onore nel calcio mondiale sia come campione d’Europa sia come vice campione del mondo.

MAROCCO 1970
Dopo le accese polemiche del mondiale del 1966 che non lasciò spazio alle squadre africane, finalmente nel 1970 venne messo a disposizione almeno un posto sicuro per le squadre del continente nero. A rappresentare per la prima volta l’Africa ai mondiali fu il Marocco, anche se vi è da dire che già l’Egitto nel 1934 prese parte alla manifestazione iridata, ma quella fu tutta un'altra storia. Nel primo turno di qualificazione la nazionale magrebina dovette affrontare il Senegal con il quale vinse per 1 a 0 in casa e perse 2 a 1 in trasferta, al tempo le reti in trasferta non avevano alcun valore e allora per definire chi sarebbe passato al turno successivo fu necessario uno spareggio giocato sul campo neutro di Las Palmas, vinto dal Marocco per 2 a 0. Nel secondo round i Leoni dell’Atlante affrontarono la Tunisia e anche in questo caso fu necessario l’incontro di spareggio poiché le due gare regolari terminarono entrambe 0 a 0. Lo spareggio si giocò il 13 giugno del 1969 al Velòdrome di Marsiglia e anche in quella occasione la partita terminò in parità per 2 a 2, per conoscere il nome della squadra vincitrice fu necessario il lancio della monetina e la sorte arrise ai magrebini. Al terzo turno finale il Marocco dovette affrontare in un girone all’italiana, Sudan e Nigeria. Contro la Nigeria i leoni vinsero 2 a 1 in casa e furono sconfitti per 2 a 0 a Lagos, contro il Sudan pareggiarono 0 a 0 a Khartoum e vinsero 3 a 0 a Casablanca. Giunto in Messico, il Marocco fu inserito nel gruppo D con: Germania Ovest, Perù e Bulgaria. Il giorno dell’esordio, il 3 giugno 1970, contro la Germania Ovest il Marocco fece letteralmente sudare le proverbiali sette camice ai tedeschi, passati in vantaggio con Mohammed Jair Houmane i marocchini tennero in pugno la partita per tutto il primo tempo, fu solo sul finire della gara che provati dall’emozione e dalla stanchezza cedettero agli assalti della corazzata tedesca venendo sconfitti con un onesto 2 a 1. Anche contro il Perù, il Marocco giocò un’ottima partita bloccando i sudamericani sullo 0 a 0 fino al 69° minuto quando un acrobazia del geniale Teofilo Cubillas diede il via al trionfo peruviano, vinse la squadra andina per 3 a 0 ma il risultato è stato ingiustamente più largo di ciò che si vide in campo. Contro la Bulgaria, il risultato era ininfluente tra due squadre già eliminate, tuttavia, la compagine africana si comportò bene ma senza far vedere il gioco veloce e dinamico delle prime due gare, finì 1 a 1, alla rete del bulgaro Jetchev, rispose il magrebino Ghazouani e il Marocco conquistò il primo punto mondiale, ma soprattutto fu orgoglioso di aver rappresentato egregiamente il proprio continente davanti alle tv di tutto il mondo.

MESSICO 1970
Agli organizzatori di un mondiale involontariamente o meno, viene sempre riservato un trattamento di riguardo, purtroppo fu così anche nel caso del Messico che, in questa avventura casalinga raggiunse il suo miglior piazzamento della propria storia iridata. Nelle sei precedenti partecipazioni la squadra messicana non andò mai oltre il primo turno facendo molto spesso la parte di controfigura, non partecipando alle qualificazioni giocò solo delle amichevoli di cui una contro l’Italia terminata 1 a 1. Il debutto di fronte al proprio pubblico avvenne il 31 maggio del 1970 allo stadio Azteca di Città del Messico che, per l’occasione computava oltre centomila spettatori, a contendere la posta vi era l’Unione Sovietica, si giocò a mezzogiorno ad una temperatura di oltre quaranta gradi, le due squadre di conseguenza non offrirono un grande spettacolo, la partita terminò 0 a 0, più di un incontro mondiale sembrò un amichevole tra due squadre di bassa categoria. La seconda gara contro El Salvador doveva essere poco più di una formalità, anche se la squadra messicana si impose per 4 reti a 0 incontrò molte difficoltà che, furono risolte dall’atteggiamento poco chiaro dell’arbitro egiziano Alì Kandil il quale, lasciò giocare la squadra di casa dopo aver calciato una punizione in modo scorretto ed essere andata in rete nella medesima azione con Valvidia. I salvadoregni protestarono veementemente contro il direttore di gara che non volle sentire ragioni e convalidò la rete "irregolare" dei messicani, i salvadoregni ci guadagnarono tre ammonizioni e capirono la farsa. Nel secondo tempo il Messico dilagò con Fragoso, Basaguren e ancora Valvidia. Contro il Belgio era necessaria una vittoria per seguire l’Unione Sovietica ai quarti di finale, lo stadio Azteca si mostrò come un’autentica bolgia con un pubblico ostile a far da dodicesimo uomo, bastò una rete di Peña al 14° su calcio di rigore per assicurare il passaggio del turno ai padroni di casa. A Toluca i 27.000 sostenitori non bastarono per intimorire gli azzurri nel quarto di finale contro il Messico. Passato in vantaggio con Gonzalez Davila, attacante dei Pumas, furono subito raggiunti da un autorete di Gustavo Peña difensore rigorista del Cruz Azul. Nel secondo tempo gli azzurri salirono in cattedra e i messicani furono sconfitti con un pesante 4 a 1, al termine della gara gli ostili tifosi messicani si alzarono in piedi per rendere onore alla squadra italiana e per il ringraziare la loro nazionale del buon obiettivo raggiunto.

PERU' 1970
Il Perù del 1970 probabilmente è stata la miglior compagine peruviana che abbia mai partecipato ad un mondiale di calcio, guidata da due geniali giocatori: Teofilo Cubillas ed Hector Chumpitaz se, ai quarti di finale non avesse incrociato lo straordinario Brasile di Pelè avrebbe certamente fatto più strada. Il Perù tuttavia, fece l’impresa già durante le qualificazioni ai mondiali, dove eliminò l’Argentina. Inserita nel gruppo 10 di qualificazione con Bolivia e Argentina, la squadra peruviana fù un autentica e piacevole sorpresa. Nella prima gara di qualificazione, il 3 agosto del 1969 riuscì nell’impresa di battere l’Argentina per 1 a 0, i quali vennero sconfitti pochi giorni prima per 3 a 1 anche dalla Bolivia. All’Argentina era necessario un miracolo per presenziare ai prossimi mondiali messicani, e i loro dirigenti pensarono di  corrompere l’arbitro della gara tra Bolivia e Perù, sarà lo stesso direttore di gara il venezuelano di origine jugoslava Sergio Chechelev  ad ammettere di aver ricevuto del denaro da parte di alcuni emissari argentini per far vincere la Bolivia. Infatti, la Bolivia si impose per 2 a 1, il Perù dovette subire due inique espulsioni di Fuentes e Mifflin che giustamente non vennero squalificati. Venuti a conoscenza del fatto di corruzione i peruviani, nella partita di ritorno scesero in campo determinati  a rendere giustizia e vinsero agevolmente per 3 a 0. Nella gara contro l'Argentina, alla Bombonera di Buenos Aires, il Perù scrisse la storia, pareggiando per 2 a 2 riuscì per la prima e unica volta ad impedire all'Argentina la partecipazione ad un mondiale, protagonista del verdetto fu Oswaldo Ramires attaccante dello Sport Boys di Callao autore di una doppietta. Per la seconda volta dopo quella del 1930 il Perù partecipò ad un torneo iridato, e nella prima gara affrontò la Bulgaria di Asparuhov, dopo essere passato in svantaggio di due reti il Perù si risvegliò nel secondo tempo e in meno di venti minuti riuscì a ribaltare il risultato andando in rete con Gallardo, Chumpitaz e Cubillas. Nella seconda partita del gruppo D gli andini incrociarono il Marocco contro il quale si s’imposero per 3 reti a 0, con ancora Teofilo Cubillas protagonista di una doppietta. Nella terza è ultima gara Germania Ovest e Perù erano già virtualmente qualificate e le due squadre tranquille diedero vita ad un piacevole spettacolo pedatorio, tuttavia, l’esperienza tedesca ebbe la meglio, vinse la Germania per 3 a 1, per i sudamericani andò in rete ancora l’insaziabile Teofilo. Ai quarti di finale contro il Brasile la squadra peruviana giocò una buona e divertente partita il 4 a 2 finale andò favore del divertito pubblico di Guadalajara. Il Perù fece ritorno a casa in un clima favorevole convinto di avere trovato una generazione di calciatori che avrebbe dato tante soddisfazioni.

ROMANIA 1970
La Romania ritornò ai mondiali di calcio dopo trentadue anni di assenza, l’ultima partecipazione fu quella francese del 1938. Giunse al mondiale messicano un po' a sorpresa vincendo il gruppo di qualificazione europea numero 1, nel quale era inserito il forte Portogallo di Eusebio, infatti, nella gara d’esordio, allo stadio Nacional di Lisbona rimediò una pesante sconfitta per 2 a 0 in favore dei lusitani. La giovane Romania si ridestò pochi giorni dopo contro la Svizzera vincendo per 2 a 0 con le reti di Flores Dumitrace e Flaviu Domide il primo attaccante della Dinamo Bucarest e il secondo dell’UTA Arad. Passò quasi un anno dalla precedente partita di qualificazione con la Svizzera e nel frattempo la squadra di Angel Niculescu fece grandi progressi, vinse la gara di ritorno con i rossocrociati per 1 a 0 grazie ad un autorete del basilese Bruno Michaud. La partita di Bucarest del 23 agosto 1969, fu la chiave del girone di qualificazione, la Romania grazie ad una rete di Dobrin ebbe ragione di un deludente Portogallo e in pratica mise nel cassetto la partecipazione al mondiale messicano. I due pareggi contro la Grecia furono ininfluenti per la classifica finale del girone, dove a sorpresa, il Portogallo si piazzò all’ultimo posto. Ai mondiali la squadra dacia non confermo le buone attese fatte vedere durante le qualificazioni, tuttavia, nonostante la sconfitta iniziale contro l’Inghilterra per 1 a 0, riuscì a vincere con la Cecoslovacchia per 2 a 1 protagonisti della gara furono gli attaccanti Alexandru Neagu e Florea Dumitrache il quale realizzò la rete della vittoria su calcio di rigore. Nella terza gara contro il Brasile la posta in palio era proibitiva, l’esperienza carioca ebbe la meglio sulla genuinità romena, vinsero i brasiliani ma, i daci guidati dal talentuoso Mircea Lucescu, capitano della squadra, riuscirono a segnare ben due reti ai campioni brasiliani, una con il solito Dumitrache e l’altra con il centrocampista Emerich Dembrovschi. Nonostante l’eliminazione al primo turno l’esperienza romena al ritorno mondiale fu positiva grazie ad una squadra di giovani che farà ben sperare per il prossimo futuro.

SVEZIA  1970       
Per la Svezia il mondiale del 1970 fu uno dei più anonimi della propria storia, finita l’era dei grandi campioni del ’58 gli scandinavi si trovarono ad affrontare una crisi di talenti che gli fece saltare ben due mondiali di seguito. Strutturata sull’asse Roland Grip, Bjorn Nordqvist e Tommy Svensson sperava di aver messo fine al periodo buio degli anni precedenti.  Al mondiale la squadra scandinava non fece grandi cose, sconfitta dall’Italia per 1 a 0 nella partita d’esordio mise subito in luce una grave incertezza in fase offensiva, anche il pareggio per 1 a 1 con Israele mise in evidenza lo stesso problema. L’unico sussulto del mondiale messicano venne dalla vittoria contro l’Uruguay per 1 a 0 con rete di Grahn a tempo oramai scaduto. La partita, tuttavia, passo alla storia per l’improvviso cambio del direttore di gara, designato il poco affidabile brasiliano Antonio Airton Vieira de Morais, questo verrà sostituito dallo statunitense Henry Landauer, poiché il primo si era accordato con alcuni dirigenti uruguaiani sulla vittoria della Celeste, nondimeno, fu perdonato dalla FIFA e scese in campo come guardalinee. Con soli tre punti la Svezia fece ritorno in patria amareggiata dal esito negativo della spedizione messicana che, tuttavia durante le qualificazioni offri qualcosa di più appetibile. Inserita nel gruppo europeo 5 con Francia e Norvegia, vinse entrambe le partite per 5 a 0 e 5 a 2 contro i cugini scandinavi, sconfisse la Francia per 2 a 0 a Stoccolma e si fece battere a qualificazione già acquisita, 3 a 0 al Parco dei Principi.

U.R.S.S.  1970    
L’Unione Sovietica giunse al mondiale messicano come una delle squadre favorite per la vittoria finale. Le qualificazioni furono una pura formalità, a parte il pareggio iniziale 0 a 0 in quel di Belfast contro l’Irlanda del Nord, il resto furono tutte vittorie. Contro la Turchia, l’Armata rossa vinse 3 a 0 a Kiev e 3 a 1 ad Istanbul, nella partita di ritorno con l’Irlanda del Nord la Russia si impose per 2 a 0. Giunta ai mondiali molto agevolmente, fu inserita nel gruppo A, nella partita inaugurale affrontò i padroni di casa a mezzogiorno preciso, sotto un sole cocente ed una temperatura superiore ai quaranta gradi, la partita terminò 0 a 0 e non diede alcuna impressione di essere una gara dei mondiali di calcio. Nel secondo match, contro il Belgio, venne in luce tutta la forza dei giocatori sovietici che, travolsero la squadra fiamminga per 4 reti a 1; in quell’occasione andarono a segno Byshovets due volte, seguito dal georgiano Asatiani e l’ucraino Khmelnitski. Nell’ultima partita del girone eliminatorio contro la matricola El Salvador i sovietici vinsero 2 a 0 senza esagerare, con la doppietta del solito Anatoly Byshovets, lasciando ai centroamericani gli applausi del pubblico come squadra simpatia. Ai quarti di finale accade quello che non ti aspetti, ad affrontare l’Unione Sovietica vi era l’Uruguay di Juan Edoardo Hohberg, le due squadre adottarono un calcio iper-difensivo, entrambe sopraffatte dalla paura di perdere si chiusero tenacemente in difesa, ne usci una partita orrenda, terminata 0 a 0 ai tempi regolamentari, si andò oltre nella stessa maniera, finché il numero dieci uruguayano, Abel Cubilla raccolse la palla al limite dell’area di rigore sovietica, contrastato da un difensore russo si portò la palla oltre la linea di fondo, crossò al centro dell’area dove Victor Esparrago entrato da pochi minuti mise di testa il Telstar alle spalle del portiere sovietico, a nulla valsero le proteste dei giocatori in maglia rossa per l’arbitro olandese Van Ravens la palla non era uscita, ad uscire invece furono i sovietici che fecero un amaro e anticipato ritorno a casa.

URUGUAY 1970      
L’Uruguay per assicurarsi la sesta partecipazione ai campionati del mondo dovette qualificarsi a spese di Cile ed Ecuador due compagini che non diedero molte preoccupazioni alla Celeste. L’Uruguay vinse tutte le partite del proprio girone, tranne un pareggio a reti inviolate a Santiago contro il Cile, per il resto si impose per 2 a 0 e 1 a 0 con l’Ecuador e vinse a domicilio 2 a 0 contro il Cile. Al mondiale l’Uruguay fu inserito nel gruppo 2 di Toluca e Guadalajara, nella prima partita vinse 2 a 0 contro l’esordiente Israele con le reti di Ildo Maneiro e Juan Martin Mujica. Nella seconda, noiosissima gara, pareggiò 0 a 0 con l’Italia, mentre nell’ultima partita del girone eliminatorio venne addirittura sconfitta per 1 a 0 dalla Svezia. L’Uruguay passo ai quarti di finale grazie alla differenza reti, dove affrontò il 14 luglio a Città del Messico l’Unione Sovietica, contro la quale vinse per 1 a 0 dopo i tempi supplementari. La partita si giocò a mezzogiorno in punto sotto un sole cocente e il giocò ne risentì pesantemente. Al 116° dei supplementari l’Uruguay passò in vantaggio, ma la rete uruguayana fu molto contestata dai giocatori sovietici poiché secondo loro, l’uruguaiano Abel Cubilla raccolse la palla oltre la linea di fondo appoggiando per il neo-entrato Esparrago il quale, mise irregolarmente la palla in rete, l’arbitro indicò immediatamente il dischetto del centrocampo che a quattro minuti dalla fine significava il passaggio in semifinale per l’Uruguay tra le ire sovietiche. Ad un passo dalla finale la Celeste incrociò gli acerrimi nemici del Brasile che, in stato di grazia si vendicarono del “Maracanazo” vincendo 3 a 1, mandando a casa gli odiati cugini che andarono sicuramente più avanti di quello che meritarono sul campo.

 
Torna ai contenuti | Torna al menu