Il Mondiale Fantasma, storie e misfatti di un mondiale che non venne mai giocato.
Testo di Fiore Massimo
La storia del Campionato del mondo di calcio "Colombia ‘86" è stata una triste vicenda di intrecci politici, finanziari, corruzione e narcotraffico. L’organizzazione dell’evento venne mascherata come un gesto umanitario per dare una mano alla traballante economia del paese sudamericano. Gli interessi, tuttavia erano ben altri "el Mundial debía servir a Colombia y no Colombia a la multinacional del Mundial, Qui abbiamo molte altre cose da fare e non c'è il tempo per soddisfare i capricci della FIFA e dei suoi partner”. Quando nel 1974 la FIFA rese noto che la Colombia sarebbe stata la sede della Coppa del Mondo del 1986, il paese entrò in un'euforia assoluta. Fin dall'inizio però, il progetto venne contestato da accesi oppositori, al punto che, otto anni dopo, gli allora leader del paese rinunciarono all’evento, era la prima e unica volta nella storia che una nazione si ritirava dall’organizzazione della Coppa del Mondo. Una serie di impensabili richieste, in mezzo al boom della droga, della guerriglia, e di presunte pressioni da parte degli sponsor furono i motivi del fallimento colombiano. A Francoforte, nel 1974 durante un assemblea ordinaria della FIFA, si decise di assegnare il Campionato del Mondo al paese sudamericano, pochi giorni prima dell’apertura di Monaco ’74. Il Mondiale fu assegnato ai "Cafeteros" grazie al presidente del Barranquilla e membro dell’esecutivo FIFA Alfonso Senior. L’idea di portare il calcio in Colombia seguiva la regola non scritta dell’alternanza euro-sudamericana: quattro anni prima si era giocato in Messico, ora era il turno della Germania Ovest, poi nel 1978 si sarebbe andati in Argentina, nel 1982 in Spagna e finalmente nel 1986 in Colombia. Dopo la visita di una delegazione, l’ufficializzazione dell’evento in terra colombiana avvenne il 9 Giugno 1974. Il mondiale sarebbe stato organizzato da una nazione in cui la nazionale era una semisconosciuta del calcio internazionale, avendo preso parte ad una sola edizione dei Mondiali nel 1962 in Cile e ad appena cinque edizioni della Copa América, senza mai aver organizzato un torneo di rilevante importanza. Nessun club colombiano, all’epoca, aveva mai raggiunto la finale della Copa Libertadores, inoltre, nemmeno i colori della nazionale erano ben definiti. Inizialmente la squadra scendeva in campo con una maglia celeste, poi passò al blu scuro, in seguito adottare il bianco e l’arancione, successivamente al 1986 il rosso e il giallo, insomma un estrema confusione non solo organizzativa ma anche storica e strutturale. Oltre al benestare dell’elite del calcio mondiale, La “mossa Colombia”, però, era sicuramente in linea con le trame politiche e poco chiare, intessute da João Havelange, salito ai vertici della Federcalcio brasiliana nel 1958, convinto assertore che la politica sia più forte del calcio giocato dopo la figuraccia rimediata dai verdeoro nel ’66. Havelange in quel momento era candidato alla presidenza della FIFA e aveva basato la sua campagna sull’apertura del calcio alle federazioni più giovani, con lo scopo di accaparrarsi il maggior numero di voti possibili coinvolgendo in maniera determinante nazionali del Terzo Mondo. Difatti l’11 giugno 1974 João Havelange vinse le elezioni contro l’inglese Stanley Rous, che da tredici anni occupava la poltrona nella sede di Zurigo.
Per il Mondiale la Colombia doveva garantire alcune inderogabili richieste: preparare 12 stadi con una capienza minima di 40.000 posti per la prima fase, 4 stadi con una capacità minima di 60.000 spettatori per la seconda fase, 2 stadi con una capienza minima di 80.000 per la partita inaugurale e la finale. Una torre per le telecomunicazioni radio/TV a Bogotà. Tariffe alberghiere bloccate per i membri della FIFA dal 1 Gennaio 1986, tra l’altro, l'emissione di un decreto per legalizzare la libera circolazione di valuta estera nel paese e un gran numero di limousine blindate a disposizione dei membri FIFA, dotarsi di una moderna rete ferroviaria per collegare le più importanti città del paese, costruire aeroporti con capacità di atterraggio di Boeing e aeromobili tipo jet in tutte le sedi, una rete di strade efficiente che permettesse un facile e rapido spostamento dei tifosi, una struttura alberghiera di accoglienza e strutture sportive per le squadre partecipanti. In pratica bisognava ricostruire dal nulla un paese del terzo mondo. Le multinazionali avrebbero fatto immensi affari, immesso denaro a palate nelle banche colombiane gestite dal governo americano. I politici e imprenditori avrebbero ottenuto vantaggi illimitati di denaro e potere, tutto a discapito della popolazione …. …. Tuttavia, non avevano fatto i conti con i Narcos, gli unici a cui non interessava assolutamente il Mundial, anzi quest’ultimi avevano premura che queste infrastrutture non fossero mai realizzate nel paese, poiché avrebbe sottratto territorio alla coltivazione della cocaina e reso più difficile il commercio della stessa e incrementato i controlli della polizia, era meglio restare nell’ombra. L’organizzazione del Mundial fu soprattutto una faccenda di politica poco chiara, dove figure di presidenti e responsabili si incrociavano con profili oscuri della malavita locale. L’obiettivo di Havelange era quello di vincere il Mondiale appena fuori la porta di casa. Il neo-eletto dirigente FIFA fece propria l’idea di organizzare al meglio l’evento iridato, sfida lanciata qualche anno prima dal politico liberale Carlos Lleras Restrepo, in cerca di adesioni per la propria campagna elettorale. Nella primavera del 1966, Lleras Restrepo girò le principali città del paese con uno slogan: “Il Mundial in Colombia!”. Non una promessa da poco, in un paese poverissimo ma, in cui il calcio era tutto, nonostante gli scarsi risultati fuori dai patri confini. Lleras Restrepo era l’uomo nuovo della politica colombiana aderente al Frente Nacional, un’ambigua alleanza tra il partito conservatore e quello liberale sorta nel 1958 per porre un freno alla Violencia, il periodo di guerra civile che aveva visto i due schieramenti ferocemente opposti, e che aveva di fatto escluso ogni altro partito dalla competizione elettorale, imponendo un’alternanza tra conservatori e liberali in una sorta di governo di unità nazionale, con la promessa di pace e riforme per la popolazione colombiana. Ma tutto andò in frantumi e nel 1976 la Colombia si trovò nuovamente sull’orlo del baratro: il Frente Nacional non aveva realmente risolto le disuguaglianze del paese, e ovunque andavano formandosi gruppi sempre più radicali di scontenti che, in breve decisero di passare alla lotta armata. Nel frattempo dietro alla suggestione del Mundial, si era andato a presentare Alfonso Senior Quevedo, il capo della Federcalcio locale, uno degli uomini simbolo del calcio colombiano. Senior Quevedo era salito alla ribalta della cronaca alla fine degli anni quaranta, in qualità di presidente dei Millonarios di Bogotà: nel 1949 sfruttò magistralmente lo sciopero dei calciatori argentini, scontratisi con il presidente argentino Juan Domingo Perón per questioni salariali e portò nell’allora mediocre e misconosciuto campionato colombiano alcuni campionissimi come Adolfo Pedernera, Néstor Rossi e Alfredo Di Stéfano. L’el Dorado, epoca d’oro del calcio colombiano, fu segnata dai successi dei Millonarios ma anche dalla rottura con la FIFA che, aveva condannato i metodi d’ingaggio professionistici adottati dalla Federazione colombiana la quale venne esclusa dalla FIFA, venendo reintegrata in seguito, complice anche la firma del Patto di Lima, dove si stabiliva che, la Federazione colombiana permetteva il rientro nei propri paesi d’origine dei giocatori con contratto professionistico irregolare. Nel 1964 alla Federazione in auge si affiancò un nuovo ente, la Federación Colombiana de Fútbol (Fedebol), che non ricevette però il riconoscimento della FIFA; le due associazioni coesistettero per un breve periodo (1964-1966), durante il quale la Colombia fu sospesa dalle competizioni internazionali.
Nel 1966 la FIFA, durante il congresso di Londra, nominò una commissione provvisoria che portasse alla riunificazione delle federazioni colombiane: il 15 giugno 1971 fu creata la Federación Colombiana de Fútbol (Colfútbol). Nel frattempo, la condizione sociale del paese diventava sempre più precaria il fiorente mercato di contrabbando del tabacco si trasformava in quello del commercio illegale della cocaina, stavano nascendo i cartelli dei narcos di Medellin. La FIFA all’oscuro di tutto ciò si prestò al giocò di João Havelange il quale tenne nascosta la reale situazione del paese. Nel frattempo, con l’elezione del nuovo presidente della Repubblica Alfonso López Michelsen, che nel 1975 aveva incontrato proprio Havelange i due rassicurarono i vertici FIFA che, tutto stava procedendo per il meglio, in realtà la situazione era ben diversa da quello che ci si aspettava. Alcuni servizi di giornalisti stranieri e alcuni reportage televisivi sul paese sudamericano fecero trapelare che la situazione era gravissima. La FIFA chiese altre rassicurazioni alla Federcalcio locale che iniziò a non essere più tanto certa di mantenere fede all’impegno iridato. La trama di Havelange stava per venire allo scoperto in gioco, non c’era solo un evento sportivo, ma la sua intera visione del sistema calcistico planetario. Ne parlò con Hermann Neuberger, ex-presidente della Federazione tedesca occidentale e all’epoca suo vice, il quale, pragmaticamente, inviò a Bogotà uno spietato ultimatum, il conto alla rovescia fissato a quattro anni, e una domanda con data di scadenza. Volete il Mondiale? Bene, entro il prossimo 10 novembre ci dovete assicurare di poterlo organizzare seriamente. Altrimenti salta tutto! Accertato che il governo e gli organismi statali non erano in grado di organizzare l’evento, sia finanziariamente sia strutturalmente, si penso di attrarre capitali da investitori privati e stranieri sperando di organizzare l’evento senza spendere un solo pesos, ma oltre agli investitori tipo la Coca Cola e il Banco de Colombia, Alfonso Senior insistette che il Mondiale era necessario per innovare il paese con moderne infrastrutture e per farlo uscire dall’idea di “malareputacion” di cui godeva la Colombia. Fu a questo punto nel timore che, il progetto andasse a buon fine, che entrò in gioco il cartello dei narcos con una campagna di diffamazione e politica del terrore, al fine il tutto naufragasse a loro favore. Dopo otto anni di pressioni della FIFA sul governo colombiano per ottenere appalti e infrastrutture inutili per la popolazione, tocco al nuovo presidente Belisario Betancourt, il 5 novembre 1982 ad annunciare che il suo paese, sia per motivi finanziari sia di ordine pubblico, non era in grado di ospitare il torneo più importante del mondo. Il 25 ottobre tenne un celebre discorso alla nazione. Solo 99 parole per dire ciò a cui nessun colombiano poteva credere, ma che all’estero tutti aspettavano ormai già da qualche anno: “Non possiamo organizzare il Mondiale”, storia analoga alla perdita del Canale di Panama, che rimase di proprietà solo al paese centroamericano estromettendo la Colombia da qualunque diritto. In realtà, per molti quel momento divenne un marchio d’infamia nella storia del paese sudamericano. Betancur fu accusato di mancanza di prospettiva, in primo luogo da Alfonso Senior: “La Colombia è un paese nano che non è adatto alle grandi imprese. Volevamo costruire qualcosa di importante, ma la Colombia ha fallito”. Nel 1986, l’anno che avrebbe dovuto sancire il suo grande successo, Senior Quevedo abbandonava per sempre il ruolo di presidente della Federcalcio. Il Mondiale fu assegnato in fretta e furia al Messico che, in soli quattro anni dovette organizzare la manifestazione sulla base di quello che restava del 1970, nonostante, il terribile terremoto del 19 settembre 1985 che provocò incalcolabili danni a Città del Messico: con migliaia di morti e una moltitudine di edifici distrutti. Il Messico, tuttavia, diede una risposta positiva all’evento organizzando una delle migliori e spettacolari manifestazioni sportive. La Colombia non riuscì nemmeno a qualificarsi eliminata ai play off dal Paraguay ne tanto meno il Brasile riuscì a vincere il Mondiale.
COLOMBIA NO HABIA EL MUNDIAL in URL: http://www.pinceladasdefutbol.com/colombia-86.html
EL MUNDIAL COLOMBIA 1986, EL MUNDIAL QUE NUNCA SE JUGÓ in URL: https://www.youtube.com/watch?v=Tc9E6fs7IHs
AFFOLTI Stefano, Il Mundial fantasma, Gente di Calcio
GARCÍA Adriana Chica, Colombia 86, la historia detrás del Mundial que no fue, Infobae
FIORE Massimo, Colombia 1986, il “Mondiale fantasma”
OSPINA Andrés, La triste y vergonzosa historia del Mundial Colombia 86, El Tiempo
MOGGIA Valerio, Sogno al sapore di coca e caffé: Colombia 1986, il Mondiale mai giocato, in Pallonate in faccia.
MASCIALE Giuseppe, Il Mondiale fantasma, in Zeta URL: https://zeta.vision/2019/01/colombia-86-il-mondiale-fantasma/
CALABRIA Chiara, Il mondiale mai esistito, in URL: https://mondointernazionale.org/en/post/colombia-messico-1986-la-mano-da-dios